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autismo e differenza di genere
19/04/2016

LA DIFFERENZA DI GENERE NEI DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO: NUOVE ACQUISIZIONI

L'autismo è stato a lungo descritto come una condizione molto più diffusa nei maschi che nelle femmine, con un rapporto pari a circa 4,5:1. Anche con l'introduzione di un approccio diagnostico dimensionale, identificato dalla definizione del DSM-5, lo spettro autistico ha mantenuto tale differenza di genere, anche se con una leggera riduzione: secondo alcuni epidemiologi il rapporto attuale sarebbe di circa 3:1.
Molti studiosi e clinici individuano una possibile spiegazione della minor prevalenza nelle femmine nella sottovalutazione del disturbo o nella diagnosi tardiva, solo quando i sintomi diventino particolarmente gravi. In letteratura vengono, infatti, riportati quadri clinici di femmine con DSA, caratterizzati da sintomi autistici più gravi, più bassi livelli di quoziente intellettivo e più severe disfunzioni nelle abilità verbali, comunicative e sociali. Recenti studi, condotti su una serie di casi di giovani donne, hanno rilevato come molte delle diagnosi effettuate, tra cui risultano frequenti i disturbi del comportamento alimentare, nascondano in realtà sintomi ascrivibili ai DSA. Tutto questo ha portato nel corso degli anni a misconoscere i DSA nella popolazione femminile e a interpretare la presenza di tratti autistici come sintomi di altri disturbi psichiatrici. Gli errori di valutazione diagnostica non bastano però a giustificare tali differenze, ci sono infatti sempre più evidenze scientifiche che supportano l’ipotesi di una differente caratterizzazione biologica nel genere maschile e femminile, che varia nel tempo in relazione a diversi fattori genetici e ambientali.
Recentemente alcuni ricercatori hanno confrontato la struttura cerebrale di 139 bambini (112 maschi e 27 femmine) con DSA di età compresa tra i 3 e i 5 anni, con quella di 82 bambini (53 maschi e 29 femmine) non affetti da DSA. Nei bambini affetti da DSA è stata osservata un’anormale connettività dei lobi frontali, e nel confronto diretto fra maschi e femmine è stata rilevata una differente organizzazione delle fibre che compongono il corpo calloso. Le differenze nei pattern di organizzazione delle fibre callose, che dipendono altresì da fattori biologici noti, quali l’esposizione prenatale e neonatale a ormoni steroidei e a citochine infiammatorie, potrebbero in parte spiegare differenze di prevalenza e alcune peculiarità sintomatologiche e di esordio che si riscontrano nei maschi e nelle femmine con DSA.
Altre ricerche hanno invece individuato differenze a livello genetico, ipotizzando la presenza di un fattore protettivo che ridurrebbe nelle femmine il rischio di sviluppare DSA. In particolare sono stati sequenziati e analizzati campioni di DNA provenienti da quasi 16.000 pazienti affetti da disturbi del neurosviluppo e da 762 famiglie affette da DSA. Sono state analizzate le Copy Number Variants (CNVs), cioè le variazioni del numero di copie geniche, e le Single Nucleotide Variants (SNVs), cioè le variazioni di singoli nucleotidi. I risultati hanno mostrato che il numero di mutazioni che coinvolgono CNVs e SNVs risultano maggiori nelle femmine con DSA rispetto ai maschi, suggerendo che il cervello femminile, a differenza di quello maschile, necessita di alterazioni genetiche più numerose per sviluppare le stesse alterazioni. L’ipotesi dell’esistenza di un fattore protettivo femminile, anche se avvalorata da numerose evidenze scientifiche, ha bisogno tuttavia di ulteriori indagini che possano spiegarne meglio la complessa eziologia.
Più recentemente, è stato individuato uno specifico agente causale in grado di spiegare almeno in parte le differenze di genere nei DSA. Un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Biochimica e Medicina Molecolare della George Washington University (USA), ha rilevato che esistono differenze di genere nell’espressione del gene per il recettore orfano alfa dell’acido retinoico (retinoic acid-related orphan receptor alpha – RORA) e nella regolazione di altri geni target, tra cui l’aromatasi (CYP19A1). L’espressione del gene RORA e quella dei suoi geni target, regolata anche dagli ormoni sessuali maschili e femminili, risulterebbe ridotta in specifiche aree cerebrali in soggetti maschi affetti da DSA.
L’identificazione di differenze biologiche/genetiche/ambientali tra maschi e femmine affetti da DSA, potrebbe rivelarsi molto utile per indirizzare le nostre ricerche future e conseguire maggiori competenze in materia. L’acquisizione da parte della comunità scientifica di queste nuove conoscenze, potrà infatti aiutarci a migliorare le nostre capacità diagnostiche, affinare gli strumenti di valutazione in nostro possesso, approfondire e comprendere alcuni dei meccanismi eziopatogenetici implicati e attuare interventi sempre più mirati.

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Michele Rossi e Marco O. Bertelli