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Fluoxetina e sindrome di Down
24/01/2016

GLI INIBITORI DELLA RICAPTAZIONE DELLA SEROTONINA POSSONO PREVENIRE LA DISABILITÀ INTELLETTIVA ASSOCIATA ALLA SINDROME DI DOWN?

La sindrome di Down o trisomia 21 determina un consistente difetto nella generazione e nella maturazione dei neuroni di diverse aree cerebrali, soprattutto della corteccia, con conseguente riduzione delle capacità cognitive. Il quoziente intellettivo medio dei giovani adulti con questa condizione genetica è di circa 55, anche se esiste una grande variabilità individuale rispetto alle abilità cognitive specifiche.
A gennaio dello scorso anno il CREA ha pubblicato sul proprio sito la notizia dell'uscita dei risultati ufficiali di uno studio del gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell'Università di Bologna guidato da Renata Bartesaghi, che dimostravano la possibilità di annullare, su uno specifico modello di topo di laboratorio, le alterazioni dello sviluppo cerebrale legate alla trisomia 21 attraverso la somministrazione nel periodo prenatale di fluoxetina, il capostipite degli antidepressivi di nuova generazione, meglio conosciuto col suo primo nome commerciale, cioè come Prozac. L'effetto terapeutico della fluoxetina parte da un aumento della concentrazione di serotonina, uno dei principali neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale, negli spazi fra i contatti neuronali. Oltre a ottimizzare il funzionamento delle cellule nervose, che è alla base dell'azione antidepressiva, la serotonina partecipa alla maturazione, alla migrazione e alla connessione fra neuroni durante lo sviluppo cerebrale.
Durante il 2015 il suddetto gruppo bolognese di ricercatori ha prodotto ulteriori evidenze sulla persistenza neli anni degli effetti indotti dalla fluoxetina durante la vita intrauterina: nei topi Ts65Dn l'incremento della neurogenesi nell'ippocampo e nell'amigdala, della proliferazione dendritica e della memoria è rimasto stabile fino all'età adulta. Gli animali hanno anche mostrato una progressiva riduzione dei livelli abnormi del peptide βCTF APP-derivato, associato all'alto rischio di Alzheimer tipico della sindrome di Down.
I limiti della trasferibilità all'uomo delle scoperte del gruppo di Bologna erano legati alla validità dei modelli murini di trisomia, che insistono sul solo HSA 21 (topi transcromosomici) o sui suoi blocchi di sintenia (regioni del genoma dove l'ordine dei geni è analogo e stabile) dei cromosomi murini 16,10 e 17. Si riteneva infatti che nell'uomo le origini 'non sperimentali' dei fenotipi trisomici fossero molto più complicate e coinvolgessero interazioni fra più geni e disequilibri dei processi chiave del neurosviluppo.
Nelle ultime settimane il gruppo di Bologna ha dichiarato di voler iniziare a Napoli uno studio sull'efficacia della fluoxetina in bambini con sindrome di Down fra i 5 e i 10 anni.
Il primo test del farmaco su gestanti di feti trisomici verrà invece avviato in questo mese presso l'Università del Texas Sud-Occidentale di Dallas, almeno secondo quanto riferito dalla rivista Mit Technology Review. Verranno coinvolte 21 donne, di cui 14 saranno scelte a caso e a loro insaputa per assumere il farmaco, mentre le altre riceveranno un placebo. Dopo la nascita i bambini continueranno il trattamento con fluoxetina fino all'età di 2 anni e verranno valutati a intervalli regolari rispetto all'acquisizione di abilità neuro-psicologiche e allo sviluppo del sistema nervoso centrale attraverso risonanza magnetica funzionale.

RIFERIMENTI

- Guidi S, Stagni F, Bianchi P, et al. Prenatal pharmacotherapy rescues brain development in a Down's syndrome mouse model. Brain. 2014 Feb;137(Pt 2):380-401.
- Stagni F, Giacomini A, Guidi S, et al. Long-term effects of neonatal treatment with fluoxetine on cognitive performance in Ts65Dn mice. Neurobiol Dis. 2015 Feb;74:204-18.
- http://www.technologyreview.com/news/545191/parents-turn-to-prozac-to-treat-down-syndrome (u.v. 24/1/16)

Marco O. Bertelli