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Asperger e autismo ad alto funzionamento
03/01/2016

SI FA PRESTO A DIRE ASPERGER!

All'inizio degli anni 40 Leo Kanner e Hans Asperger descrissero quasi contemporaneamente due nuove tipologie di giovani pazienti, con caratteristiche simili. Kanner definì i suoi casi come affetti da “disturbi autistici del contatto affettivo”, caratterizzati da tendenza estrema alla solitudine, desiderio ossessivo di mantenere l’ambiente immodificato ed ecolalie, lo psichiatra e pediatra austriaco Hans Asperger descrisse anch'egli bambini connotati da grave difficoltà di relazione, ma con maggiori abilità intellettive e talora goffaggine motoria di quelli osservati da Kanner.
Tale distinzione mantiene vivo ancor oggi un acceso dibattito scientifico, soprattutto quando vengono prese in considerazione all'interno dei disturbi dello spettro autistico le differenze del ritardo del linguaggio e della goffaggine motoria per distinguere fra forme a basso e alto funzionamento.
Il termine “spettro”, utilizzato originariamente da Isaac Newton per descrivere l'infinita gamma di colori in cui si scomponeva un raggio di luce che attraversasse un prisma di vetro, è stato applicato negli ultimi quindici anni all'autismo a seguito del riscontro da parte di clinici e ricercatori di un'estrema variabilità della sintomatologia, ben superiore all'iniziale distinzione di Asperger rispetto alle forme descritte da Kanner. Per tale motivo gli estensori dell'ultima versione del Manuale Statistico e Diagnostico americano dei Disturbi Mentali (DSM-5) hanno riunito tutti i vecchi disturbi pervasivi dello sviluppo, includenti anche la Sindrome di Asperger (SA), in un'unica categoria diagnostica denominata Disturbo dello Spettro Autistico. In questo continuum dimensionale le differenziazioni principali riguardano il funzionamento.
Nonostante ciò, gli esperti del settore continuano a discutere se esistano delle peculiarità per la SA, anche rispetto all'Autismo ad Alto Funzionamento (AAF), in cui il quoziente intellettivo è uguale o superiore a 70, e se queste specificità consistano più in un profilo complesso d'abilità o semplicemente in un quoziente intellettivo più alto. Alcuni studi hanno indagato le differenze nel ritardo dello sviluppo del linguaggio, rilevandone un valore relativo, visto che tendono ad annullarsi col progredire verso l'adolescenza. Altre ricerche hanno riscontrato profili neuropsicologici diversi, con punteggi di QI verbale più alti rispetto a quelli di performance nella SA e proporzioni contrarie nell'AAF.
Una recente meta-analisi di 52 studi, condotta da ricercatori della Columbia University, ha rilevato che le persone con SA ottengono punteggi significativamente più alti di QI totale, verbale e di performance delle persone con AAF. Lo studio ha confermato punteggi maggiori del QI verbale rispetto al QI di performance nella SA, mentre non sono state individuate differenze significative nell'AAF. Gli autori concludono che i due gruppi costituiscono sottotipi differenti di autismo.
Altre autorevoli ricerche, basate su altri test neuropsicologici, non hanno invece evidenziato differenze sostanziali. Uno studio pubblicato del 2014, condotto dal King’s College di Londra in collaborazione con l’Autism Research Centre dell’Università di Cambridge e con l’Autism Research Group dell’Università di Oxford, ha valutato la processazione delle emozioni, la teoria della mente, il linguaggio (memoria fonologica), la memoria di lavoro, la coerenza centrale e la destrezza manuale. Oltre a non rilevare differenze fra i due gruppi, questo studio non ha riscontrato in generale associazioni significative tra prestazioni cognitive e gravità della sintomatologia autistica.

RIFERIMENTI

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Annamaria Bianco e Marco O. Bertelli