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schizofrenia
19/03/2014

NUOVE ACQUISIZIONI SUL DIFETTO MULTIFATTORIALE DEL NEUROSVILUPPO NELLA SCHIZOFRENIA – PARTE PRIMA

La schizofrenia, anticamente denominata da Arnold Pick e Emil Kraepelin 'dementia praecox' per distinguerla dalla psicosi maniaco-depressiva (oggi disturbo bipolare), è un quadro clinico caratterizzato da produttività psichica eccessiva e distorta (sintomi positivi), espressa da deliri, allucinazioni, disorganizzazione del pensiero, dei discorsi o dei comportamenti, oppure da produttività psichica ridotta (sintomi negativi), espressa da appiattimento affettivo, alogia, abulia, disturbi dell'attenzione, delle capacità intellettive, assenza di contatto visivo e più raramente catatonia, cioè postura fissa (da statua di cera), movimenti stereotipati, ecolalia o ecoprassia.
Nella schizofrenia l'ambito di funzionamento individuale più compromesso è quello delle relazioni.
Questo disturbo psichiatrico colpisce circa lo 0,8% della popolazione, ed è una delle patologie con i più alti costi sanitari in tutti i Paesi del mondo.
Attualmente le principali ipotesi etiopatogenetiche della schizofrenia rimandano ad un sistema multifattoriale in cui una disfunzione del sistema dopaminergico (la dopamina è uno dei principali neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale) e un’alterazione del neurosviluppo sembrano occupare un ruolo centrale.
Recenti studi molecolari hanno evidenziato una disregolazione presinaptica della dopamina, espressa da maggiori concentrazioni, sintesi e rilascio del neurotrasmettitore. Tale disregolazione non è stata reperita in altri disturbi psichiatrici e pertanto sembra rappresentare un marker diagnostico specifico. Anche molte ricerche precedenti hanno indicato che la schizofrenia sia associata ad una stimolazione eccessiva dei recettori D2 (=Dopaminergici di tipo 2) del corpo striato e a una stimolazione ridotta dei recettori D1 nella corteccia prefrontale.
L’ipotesi del neurosviluppo si fonda invece sull'associazione fra fattori di rischio pre-perinatali e maggiore incidenza di schizofrenia, sui frequenti deficit neurologici e cognitivi associati e sulla presenza di una gamma di caratteristiche anatomo-patologiche. A sostegno di questa ipotesi, a metà degli anni ’80 Daniel Weinberger, direttore del centro per i disturbi cerebrali del National Institute of Mental health (US), aveva identificato alterazioni della corteccia prefrontale dorsolaterale che, pur presenti già in fasi iniziali del neurosviluppo, presentavano ulteriori evoluzioni negative durante la maturazione adolescenziale, portando a un eccesso di disinibizione sottocorticale.
Grazie a questi reperti e a quelli che sono stati identificati successivamente si tende oggi ad attribuire le disfunzioni cognitive e i sintomi negativi della schizofrenia ad un'alterazione della corteccia prefrontale, mentre la disfunzione del sistema dopaminergico sembrerebbe determinare la disinibizione e i sintomi positivi.
Evidenze recenti hanno sfumato il confine fra disturbo del neurosviluppo e disfunzione dopaminergica: in modelli animali processi infiammatori intrauterini determinano nel feto un aumento della concentrazione di dopamina nel corpo striato e degli enzimi deputati alla sua sintesi in età adulta. Altri studi riguardanti l’ipossia neonatale e successive alterazioni dell’ippocampo ventrale hanno evidenziato un aumento della concentrazione e del rilascio striatali di dopamina, marcate risposte comportamentali all’amfetamina, e una considerevole reazione dopaminergica allo stress.
Anche gli ultimi avanzamenti nelle conoscenze genetiche indicano forti legami fra disfunzioni neurotrasmettotoriali e alterazioni del neurosviluppo. Molti studi hanno identificato un eccesso nella variazione del numero di copie di alcuni geni, tra i quali NRG1, DISC1, TCF4, MIR137, NRGN e NRXN1, sia nella schizofrenia sia in altri disturbi del neurosviluppo, come l'autismo o la disabilità intellettiva, in cui le alterazioni strutturali sembrano legate a disfunzioni del glutammato, in particolare del signaling dei suoi recettori NMDA, nella corteccia prefrontale e ad una conseguente disregolazione delle vie dopaminergiche.
Alcuni ricercatori hanno invece individuato indicazioni della primarietà della disfuzione del sistema della dopamina rispetto a quello del glutammato.
Oltre ai fattori di rischio neurobiologici risultano di estrema importanza anche quelli socio-relazionali, fra i quali l’essere immigrato, far parte di una minoranza etnica, essere cresciuto in città, aver perso i genitori in età evolutiva e aver subito abusi.
Nonostante siano stati fatti molti passi avanti nella comprensione dei meccanismi patogenetici dopaminergico e del neurosviluppo, questi non sembrano in grado di spiegare completamente la complessità sintomatologica del paziente schizofrenico.

BIBLIOGRAFIA

- Javitt DC. Glutamate and schizophrenia: phencyclidine, N-methyl-D-aspartate receptors, and dopamine-glutamate interactions. Int Rev Neurobiol., 2007; 78: 69-108.
- Laruelle M. Schizophrenia: from dopaminergic to glutamatergic interventions. Curr Opin Pharmacol., 2014 Feb;14C: 97-102.

 

Niccolò Varrucciu e Marco O. Bertelli