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obesità
08/02/2014

ALLARME OBESITÀ NELLE PERSONE CON DISTURBI DELLO SVILUPPO INTELLETTIVO: È POSSIBILE INTERVENIRE SUI FATTORI DI RISCHIO?

Secondo i dati dei centri per il controllo e la prevenzione delle malattie americani la prevalenza dell’obesità nella popolazione generale è drammaticamente aumentata negli ultimi 20 anni, passando da meno del 15% a più del 30%. Oggi l’obesità è considerata il disturbo metabolico più diffuso nei paesi industrializzati occidentali e secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica dell'intero pianeta, tanto da poter parlare di pandemia. 
Questa patologia, che si correla allo sviluppo di altre malattie come diabete, ipertensione arteriosa, dislipidemie, patologie respiratorie, sindrome metabolica, osteoartrosi, alcuni tipi di tumore, nonché ad un maggiore rischio cardiovascolare, ha un grosso impatto negativo sui livelli di autonomia, di benessere psicologico e di qualità complessiva della vita, in tutte le età.
La prevalenza di tale patologia risulta ancora più elevata nelle Persone con Disturbi dello Sviluppo Intellettivo (PcDSI). In riferimento all'età adulta si hanno stime di prevalenza comprese fra il 26,5% e il 58,5%.
Le cause dell'obesità sono molteplici e spesso combinate. Nonostante le ricerche sulle strategie di prevenzione primaria e secondaria siano state orientate quasi esclusivamente alla popolazione generale, il livello di Disabilità Intellettiva (DI) e la presenza di particolari sindromi genetiche sono stati individuati come fattori di rischio non modificabili, come anche il sesso, l’età e la familiarità. I fattori di rischio modificabili più frequenti comprendono invece l’assunzione di particolari farmaci (alcuni antipsicotici, alcuni stabilizzatori dell’umore, alcuni antidepressivi, antipertensivi, antidiabetici), la ridotta attività fisica e ovviamente le abitudini alimentari. Tra i fattori ambientali i luoghi abitativi ed il contesto sociale sembrano avere un peso maggiore di altri, soprattutto per le PcDSI: contesti abitativi meno controllati, come i piccoli appartamenti nella comunità, si associano ad un tasso di obesità più alto rispetto ai cluster center e alle residenze assistite uniche.
Il Dipartimento di Disabilità e Sviluppo Umano dell'Università dell'Illinois e il Centro di Promozione della Salute e Scienze della Riabilitazione dell'Università dell'Alabama hanno recentemente analizzato i dati di 1450 PcDSI, parte di un grande studio sui comportamenti legati alla salute nella DI (Longitudinal Health and Intellectual Disabilities Study), per rivalutare la prevalenza dell’obesità in questa popolazione, individuare fattori di rischio specifici e possibili strategie d'intervento. Le variabili considerate sono state suddivise in antecedenti non modificabili (età, sesso, autismo, Sindrome di Down, paralisi cerebrale, limitata mobilità), fattori personali modificabili (farmaci, attività fisica, ore trascorse alla TV, abitudini alimentari, fumo, consumo di bevande alcoliche) e fattori ambientali (tipo di abitazione e contesto abitativo). Tutte le variabili sono state poi messe in relazione alla presenza o meno di obesità e i dati del gruppo di studio sono stati successivamente confrontati con quelli derivanti da un campione rappresentativo della popolazione generale.
I risultati hanno confermato una maggiore prevalenza d'obesità nelle PcDSI rispetto alla popolazione generale (38,3% vs 28%). Sono stati osservati tassi di prevalenza significativamente maggiori nei soggetti di sesso femminile (43,2% contro il 34,3% dei maschi) e nelle persone con Sindrome di Down (53,4%). Tassi di prevalenza significativamente minori sono stati invece osservati nei soggetti con DI grave/profonda (26,1%) e nelle persone affette da paralisi cerebrale (22,2%).
Sono risultati più obesi i soggetti che assumevano farmaci (in particolare alcuni antipsicotici, antiepilettici ed antidepressivi), bevande zuccherate o che non praticavano attività fisica. Il tipo di residenza non è risultato un fattore di rischio significativo, ma la zona di residenza si: vivere in città è risultato più rischioso che vivere in zona rurali.
I limiti delle conoscenze attuali non permettono d'individuare strategie d'intervento di particolare efficacia per la prevenzione e la gestione dell'obesità nelle PcDSI . Vi è inoltre un urgente bisogno di diffondere i dati sulla prevalenza dell'obesità e sui rischi a questa collegati alle PcDSI, ai loro prestatori d'assistenza, familiari, medici di medicina generale e specialisti. L’attuale tendenza a fornire alle PcDSI la possibilità di fare scelte di vita che favoriscano una maggiore libertà e indipendenza nella comunità dovrebbe andare di pari passo con un programma di promozione della salute che identifichi i supporti utili all'acquisizione e al mantenimento di un corretto stile di vita. È auspicabile che nel prossimo futuro i fornitori di assistenza socio-sanitaria ed i responsabili delle politiche si coordino nello sforzo di sviluppare e offrire programmi di gestione basati sull'evidenza.

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Michele Rossi e Marco O. Bertelli