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neurofeedback training
06/07/2013

IL NEUROFEEDBACK TRAINING COME STRUMENTO PER MIGLIORARE L'ATTENZIONE DELLE PERSONE CON DISABILITÀ INTELLETTIVA: PARTE PRIMA


Negli ultimi anni la ricerca sta sviluppando nuovi strumenti per migliorare le capacità d'attenzione e d'adattamento delle persone con disturbi dello sviluppo intellettivo. Fra questi la Percezione Visiva (VP) e il NeuroFeedback Training (NFT) stanno ricevendo particolare attenzione. La VP ha offerto risultati modesti con scarsa generalizzabilità e limitazioni dell'effetto ottenuto nel trascorrere del tempo, il NFT invece ha mostrato una buona efficacia, soprattutto nella modulazione subcosciente di determinate attività cerebrali.
I comportamenti adattativi coinvolgono spesso meccanismi automatici di regolazione del sistema neurovegetativo e non interagiscono con il campo di coscienza della persona. A volte però l'indipendenza di questi processi dalla coscienza può mancare: dopo una corsa o dopo uno spavento, ad esempio, percependo il cuore battere più forte, si può indurne un rapido rallentamento modificando la nostra attività psico-fisica, oppure se si hanno spasmi addominali si possono ricercare stati di rilassamento che riducano la frequenza e l'intensità delle contrazioni dolorose. Quando una persona percepisce questi segnali e agisce per modificarli forma un sistema elementare di biofeedback. Il biofeedback propriamente detto consiste nel supportare i meccanismi di autocontrollo di funzioni psico-fisiologiche con tecniche elettroniche ed informatiche.
Con il biofeedback, una certa funzione corporea, come la tensione della muscolatura involontaria, la temperatura superficiale o la sudorazione cutanea, viene monitorata con l'uso di elettrodi o di trasduttori applicati sulla pelle del paziente. I segnali captati vengono amplificati ed usati per gestire segnali acustici o visivi che, funzionando da spie, permettono al paziente stesso di sviluppare strategie per controllare volontariamente la funzione monitorata.
Il biofeedback è nato negli anni sessanta negli Stati Uniti con la diffusione della meditazione trascendentale. Si osservò che nello stato di meditazione il cervello aumentava la produzione di particolari onde elettriche, dette alfa, e che, insegnando al soggetto a produrre onde alfa, si poteva portarlo ad indursi stati di profondo rilassamento.
Lo sviluppo del biofeedback è stato anche favorito dall'affermazione delle teorie e degli interventi comportamentisti, includenti alcune delle caratteristiche fondamentali dei processi di apprendimento: il rinforzo positivo, il rinforzo condizionato e la generalizzazione.
Il neurofeedback applica i principi del biofeedback all'automodulazione di alcune funzioni del sistema nervoso centrale. Qui l'autocontrollo viene attuato tramite elaborazioni computerizzate delle informazioni derivanti da un elettroencefalogramma. Il computer visualizza con un ritardo di pochi millisecondi l'attività elettrica della corteccia cerebrale del soggetto, fornendogli un feedback in tempo reale dei suoi processi elettroneurofisiologici ed aiutandolo così nel provare a modularli. Quando la modificazione avviene nella direzione voluta, il soggetto riceve un rinforzo positivo, per esempio un suono gradito.

RIFERIMENTI

- Demos, J. N. (2005). Getting started with neurofeedback. New York, NY: Norton.
- Denis P. Methodology of biofeedback. Eur J Gastroenterol Hepatol., 1996 Jun;8(6): 530-3.
- Gracenin, C. T., & Cook, J. E. (1997). Alpha biofeedback and LD children. Academic Therapy, 12, 275–279.
- Kolb, B., & Gibb, R. (2011). Brain plasticity and behaviour in the developing brain. Journal of the Canadian Academy of Child & Adolescent Psychiatry, 20, 265–276.
- Yeo, K. E. (1987). Theory and practice in visual perception training program. Daegu, Korea: Daegu University Press.

Giuliano Monteleone e Marco O. Bertelli