È di questi giorni la notizia che David Cameron, primo ministro inglese, ha istituito un censimento per calcolare l’indice di benessere [General Wellbeing Index (GWI)] della popolazione britannica. Tale indagine parte dalla convinzione dell’establishment politico britannico che il progresso di un paese non vada misurato soltanto in termini di prodotto interno lordo, ma anche su quanto i cittadini sono soddisfatti della propria vita. Il questionario è composto da dieci domande; le prime quattro riguardano il grado di soddisfazione per gli aspetti più privati, mentre le altre si riferiscono al quartiere di residenza, alla preoccupazione per la criminalità, allo stipendio, al grado di istruzione ed alla fiducia nella politica. Le risposte ottenute saranno implementate con le statistiche ufficiali in materia di governo, economia ed ambiente e rappresenteranno la base per le future politiche dell’esecutivo.
La realizzazione del progetto, che ha richiesto un anno di lavoro ed un costo di 2 milioni di sterline, si è avvalsa delle raccomandazioni di due economisti premi Nobel, Joseph Stiglitz e Amartya Sen.
I detrattori sostengono che si tratti di un’iniziativa troppo dispendiosa e di un tentativo di misurare qualcosa che non si può calcolare. Jill Kirby, esperta di diritto di famiglia e direttore dal 2007 al 2011 del Centre for Policy Studies, ha scritto sul Daily Mail: “La sola idea che la contentezza individuale possa essere misurata è folle e un’intrusione nella privacy. Credo che il governo debba concentrarsi su cose concrete che davvero interessano la nostra vita, piuttosto che su quello che loro pensano che noi proviamo”.
Al di là dei giudizi personali, la notizia rappresenta una rivoluzione oggettiva nel modo di pensare l’economia e la politica. Lo Stato inizia a considerare la qualità della vita dei cittadini non solo come un valore sociale, ma anche come una risorsa economica. Investire sulla qualità dell’esistenza degli abitanti significa migliorare il bilancio pubblico.
Queste tematiche, sebbene derivate dallo specifico sulla salute mentale, sono da anni al centro della ricerca del CREA, con indagini e collaborazioni di grande rilievo internazionale.
Contrariamente all’apparente semplicità, legata alla banalizzazione del suo uso frequente, l’espressione QdV può esprimere una molteplicità di significati tanto da risultare impossibile parlarne senza una precisazione di senso specifico.
Nell’ambito delle comunicazioni di massa la QdV viene continuamente confusa con la vita di qualità, in riferimento ad un ideale universale di alta qualità degli aspetti più commerciali e materiali della vita, come oggetti posseduti, successo nel lavoro, denaro da spendere, frequentazioni esclusive, vacanze frequenti, disponibilità di tempo libero o grandi performance fisiche.
In ambito scientifico-sanitario nel corso del tempo si sta cercando di superare il concetto di QdV legata alla salute (Health-Related), che ha un riferimento esclusivo ad aspetti clinici e all’effetto di questi sull’integritaÌ morfologica e funzionale, per riferirsi sempre più alla QdV generica che valuta la percezione soggettiva di importanza e soddisfazione rispetto a tutti gli ambiti della vita che hanno mostrato un valore qualitativo transculturale e indipendente dalla presenza di patologie o condizioni esistenziali peculiari.
Il CREA collabora da anni con la Quality of Life Research Unit dell’Università di Toronto, diretta dal professor Ivan Brown. Insieme hanno ottimizzato la versione italiana del Quality of Life Instrument Package (QoL-IP) e dello Strumento d’Indagine per la Qualità di Vita della Famiglia. Tutti questi strumenti si basano sul concetto che la valutazione della relazione tra l'attribuzione individuale d’importanza agli ambiti di vita applicabili alla vita di tutte le persone e la percezione individuale di soddisfazione negli stessi ambiti costituisca il modo più completo ed efficace di valutare la QdV. In pratica si assume che non sarà mai motivo di soddisfazione e, quindi, non aggiungerà qualità alla vita, una cosa che prima non interessi.
Sebbene siano applicabili a tutti gli individui adulti, indipendentemente dalla presenza e dal tipo di disturbo, gli strumenti sono nati per la Disabilità Intellettiva (DI). In questo caso specifico in cui è presente un’incapacità strutturale a svolgere funzioni implicanti l’intelligenza logico-deduttiva, l’idea che l’intervento terapeutico consista in uno sforzo alla restituzione di un’intelligenza normale toglie addirittura senso all’intervento stesso. Ugualmente è discutibile considerare terapeutico il cercare di condurre i portatori di DI a vivere nel modo più simile possibile a quello delle maggior parte delle persone.
RIFERIMENTI
- http://www.guardian.co.uk/lifeandstyle/2010/nov/14/happiness-index-britain-national-mood
- Bertelli M., Piva Merli M., Bianco A., Lassi S., La Malfa G., Placidi G.F. e Brown I. A battery of instruments to assess Quality of Life (BASIQ): validation of the Italian adaptation of the Quality of Life Instrument Package (QoL-IP). Italian Journal of Psychopathology 2011; 17(2): 205-212.