Il DSM-5 definisce i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione come “caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione o da comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale”.
La prevalenza dei disturbi alimentari nella popolazione generale è stimata essere superiore al 4% per l’Anoressia, 2% per la Bulimia e 2% per il Binge Eating Disorder. Invece la letteratura sui tassi di prevalenza dei disturbi alimentari in persone con disabilità intellettiva (DI) è piuttosto scarsa. La maggior parte degli studi e dei dati si riferiscono alle problematiche pratiche relative alla nutrizione, e pongono minore attenzione alla gamma di disturbi alimentari che anche questa popolazione può esibire e agli aspetti psico-sociali implicati. Tuttavia alcune ricerche suggeriscono che il 3-42% di adulti istituzionalizzati con DI ha un disturbo alimentare diagnosticato; mentre è dell’1-19% la prevalenza per gli adulti che vivono in una comunità. Inoltre la vera prevalenza è probabilmente sottostimata perché la maggior parte dei pazienti non soddisfa i criteri DMS-5 per una diagnosi definitiva di disturbi dell’alimentazione.
Tra i disturbi alimentari più diffusi ci sono la Pica, contraddistinta dalla persistente ingestione di sostanze normalmente non commestibili e il disturbo da Ruminazione, caratterizzato da ripetuto rigurgito, masticazione, rimasticazione e deglutizione di cibo.
Lo studio più ampio sulla prevalenza della Pica nell’ambito della DI riporta una percentuale del 25,8 su 991 adulti istituzionalizzati. La Pica è maggiormente associata a DI severa, invecchiamento, stereotipie, autismo, problemi di socializzazione, deprivazione psicosociale e ambientale. In alcuni casi è stato riscontrato un deficit di vitamine e sali minerali, anche se non sono state individuate anomalie biologiche specifiche. Si tratta di un disturbo che può determinare una serie di rischi anche sul piano medico, tra cui il blocco intestinale, l’infezione da parassiti, la necessità di intervenire chirurgicamente per rimuovere gli oggetti e perfino la morte.
Per quanto riguarda il disturbo da Ruminazione la prevalenza è del 6-10% e anch’esso sembra essere correlato al livello di gravità di DI. La Ruminazione può avere complicanze serie a livello clinico, come denutrizione, dimagrimento, disturbi gastrici e complicanze respiratorie soprattutto a carico delle vie aeree superiori. Alcuni ricercatori hanno ipotizzato che la Ruminazione si verifichi con maggiore frequenza in assenza di stimolazione ambientale e possa costituire una sorta di autostimolazione sensoriale. Kuhn e colleghi hanno invece riscontrato una relazione tra la Ruminazione e scarse abilità sociali.
Anche a letteratura sui tassi di prevalenza degli altri disturbi del comportamento alimentare nella DI è molto scarsa. I pochi studi, quasi esclusivamente case report, indicano che sono presenti anche casi di Binge Eating Disorder (iperfagia, mangiare molto velocemente, mangiare e bere continuamente, cercare e rubare cibo), Anoressia Nervosa (restrizione alimentare, paura di ingrassare e anomalia nel percepire il proprio peso), e Bulimia (abbuffate seguite da condotte compensatorie).
I fattori implicati nella genesi dei disturbi alimentari in persone con DI non sono ancora chiaramente definiti. Attualmente la comunità scientifica indica combinazioni variabili di fattori biologici, psicologici e socio-ambientali, simili a quelle della popolazione generale, che agiscono però su una maggiore e più complessa vulnerabilità psico-fisica.
Secondo la ricerca, gli aspetti più spesso implicati nell’etiopatogenesi sono gli eventi stressanti o traumatici, i conflitti, la dieta, la pressione sociale e mass-mediale e alcune caratteristiche psicologiche e comportamentali come il perfezionismo e l’affettività negativa. Un importante fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi del comportamento alimentare è l'esperienza di abuso fisico, sessuale ed emotivo e trascuratezza. Inoltre il contesto sociale e i messaggi culturali trasmessi alle persone con DI dai loro pari e dai loro caregivers sembrano essere implicati nello sviluppo dei disturbi del comportamento alimentare. Esistono anche evidenze di familiarità, che suggeriscono il probabile contributo genetico.
Alcuni studi hanno rilevato che alcune sindromi genetiche includenti DI si associano ad alterazioni del comportamento alimentare: la sindrome di Prader-Willi include iperfagia, compromissione della risposta biologica di sazietà, e foraggiamento alimentare con possibile binge eating. Questo comportamento deriva probabilmente da anomalie ipotalamiche e del sistema endocrino che sono responsabili di una compromissione nella risposta di sazietà alimentare. Alcuni autori hanno considerato i disturbi del comportamento alimentare come parte di fenotipi comportamentali di alcune sindromi genetiche. Sono stati identificati diversi casi di rifiuto alimentare e Anoressia Nervosa atipica nella sindrome di Down, di Turner, di Williams e nella fenilchetonuria; e di Pica e di disturbo da Ruminazione nella sindrome di Rett e nella sclerosi tuberosa.
RIFERIMENTI
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