Circa l’80% delle persone con disturbo dello spettro autistico (DSA) ha problemi motori di varia natura, che spesso limitano le opportunità di esplorare l’ambiente, di svolgere attività fisica e di condividere esperienze. Alcuni ricercatori ritengono che questi deficit motori, la cui gravità sembra correlare col livello di compromissione intellettiva, siano alla base dello sviluppo atipico delle abilità sociali e comunicative che contraddistingue il DSA. Ciò sarebbe confermato dal fatto che i problemi motori compaiono molto prima di quelli relazionali. Altri autori sostengono invece che la natura di questa associazione sia ancora lontana dall’esser definita; essi accettano che alcuni disturbi motori siano prevalenti in alcuni profili fenotipici, ma non sono affatto disposti a riconoscerli come determinanti o come precursori dei sintomi nucleari del DSA. Spesso li interpretano come il risultato di alterazioni della connessione fra gruppi di cellule nervose cerebrali (connectopatie), sincrone a quelle che determinano il DSA, ma riguardanti aree diverse, soprattutto la corteccia sensorimotoria primaria, il talamo, il cervelletto e l’area motoria supplementare.
Studi di neuroimaging (immagini del sistema nervoso centrale) hanno rilevato che la capacità d’imitare altre persone, fondamentale nello sviluppo di abilità relazionali, dipende dal livello di sincronizzazione tra le regioni cerebrali che regolano le attività visive e motorie, e che è significativamente superiore nei bambini a sviluppo tipico che in quelli con DSA. Tra gli effetti di questa carenza della connettività cerebrale, vi sarebbe anche la difficoltà a recepire informazioni visive durante la pianificazione dei movimenti e a utilizzarle prima dell'esecuzione. Questo spiegherebbe almeno in parte la difficoltà delle persone con DSA a produrre espressioni facciali e gesti appropriati al contesto relazionale.
Queste recenti evidenze della ricerca basata sul neuroimaging supportano l'ipotesi di una relazione complessa fra i problemi motori e quelli socio-comunicativi, che includerebbe l’alterazione di un ampio sistema di connessioni tra aree cerebrali diverse.
In attesa di chiarire l'esistenza e la natura dei rapporti di causalità, le ultime tendenze terapeutiche per il DSA consigliano d'intervenire contemporaneamente e tempestivamente sia sulle disabilità motorie che su quelle sociali. Una recente metanalisi della letteratura scientifica ha evidenziato che praticare sport può aumentare l'efficacia dei programmi di abilitazione relazionale, sia nei bambini che negli adulti. Non è un caso che negli ultimi anni, in vari paesi del mondo siano nati programmi d'intervento basati proprio su questa combinazione di attività. Esempi particolarmente famosi sono rappresentati da AllPlay per il calcio, nato in Australia dalla collaborazione fra il Centro Studi per il Bambino della Deakin University di Melbourne e l'Australian Football League, e ACEing Autism, per il tennis, fondato a Boston (Massachusetts) da un'associazione di familiari e dal Dr. Shafali Jeste. Ancora una volta le ragioni di questa efficacia non sono chiare: infatti la pratica sportiva, soprattutto quella di squadra, non coinvolge solo il sistema motorio, ma anche quello psichico, con ampie implicazioni sociali.
RIFERIMENTI
http://aceingautism.org/ (u.v. 15/7/17)
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