La prevalenza dei disturbi psichiatrici nelle persone con Disabilità Intellettiva (DI) è circa 4 volte superiore rispetto alla popolazione generale. Secondo le ricerche più recenti, una delle categorie diagnostiche più frequenti è il disturbo d’ansia, con una prevalenza che, negli adulti, varia dal 2 al 27%.
I disturbi d'ansia sono più comuni nelle donne rispetto ai maschi e l’età media di insorgenza è circa 15 anni.
Nelle persone con DI i disturbi d’ansia spesso non vengono riconosciuti e soprattutto nei casi di DI grave e profonda, la manifestazione di questi disturbi viene spesso erroneamente diagnosticata come disturbo del comportamento.
La letteratura sui tassi di prevalenza dei disturbi d’ansia specifici nella DI è molto scarsa. I pochi studi indicano che il più frequente è il Disturbo d’Ansia Generalizzato (DAG), presente in percentuali variabili dall'1,7 al 3,5 e con picchi più elevati nelle persone con DI lieve, seguito dall’Agorafobia (0,7%), dalla fobia sociale, dal disturbo di panico e dal disturbo post traumatico da stress, tutti non superiori allo 0,5%.
La prevalenza del Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC), tradizionalmente collocato tra i disturbi d’ansia e attualmente considerato una entità nosologica autonoma insieme ad altri disturbi ad esso correlati, può raggiungere tassi di prevalenza tra il 10% ed il 20%.
I fattori implicati nell’etiopatogenesi dei disturbi d’ansia sono numerosi, sia di tipo biologico, che psicologico e ambientale. La combinazione di questi fattori varia da persona a persona e agisce su una complessa vulnerabilità psico-fisica di base. Una spiccata vulnerabilità biologica è stata associata ad alcune malattie neurologiche, come l’epilessia, ad alcune patologie respiratorie, come la broncopneumopatia cronica ostruttiva, o metaboliche, come la carenza di vitamina B12, l’ipertiroidismo e le aritmie cardiache. I sintomi d’ansia possono essere anche dovuti a effetti collaterali dei farmaci, a intossicazione o astinenza da alcool, caffeina, anfetamine o sedativi. Esistono anche evidenze di familiarità, il che suggerisce un probabile contributo genetico. Infatti anche alcune sindromi genetiche includenti DI si associano più spesso di altre a disturbi d’ansia specifici: la sindrome dell’X fragile alle fobie sociali, le sindromi di Rubinstein-Taybi e di Prader-Willi al DOC, la fenilchetonuria e la sindrome di Williams al DAG.
Alcuni degli aspetti psicologici e sociali implicati nell’etiopatogenesi dei disturbi d’ansia sono la difficoltà nello sviluppo di strategie di coping, di problem solving e di autodeterminazione, una ridotta soglia di tolleranza allo stress, il lutto o altri eventi di vita stressanti o traumatici, l’abuso fisico, emotivo o sessuale, il sostegno sociale inadeguato, le condizioni abitative variabili e inadeguate, i cambiamenti della routine. L’ambiente iper o ipo stimolante, i conflitti con i membri della famiglia, con altri pazienti o con lo staff, la difficoltà nell’instaurare relazioni soddisfacenti, i problemi nel trovare un impiego, e la discriminazione o la stigmatizzazione sono altri fra i fattori eziopatogenetici di tipo psico-ambientali più frequentemente riportati dalla letteratura scientifica.
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