Il termine 'teoria della mente', spesso abbreviato in ‘ToM’ (dall’inglese Theory of Mind), viene utilizzato in psicologia cognitiva come equivalente di modello del funzionamento della mente. Nella psicologia dello sviluppo, nell’epistemologia genetica e nella psicologia dinamica si riferisce invece alla capacità del bambino di costituirsi una rappresentazione adeguata dei processi di pensiero propri e dell'altro significativo. In questi ambiti possedere una teoria della mente significa dunque attribuire desideri, emozioni, intenzioni, pensieri e credenze agli altri e prevederne il comportamento sulla base dei propri stati interni.
Alcuni anni fa Baron-Cohen, Leslie, Frith e altri autori hanno prodotto dati indicanti nei bambini con disturbo dello spettro autistico (DSA) una capacità simile ai loro coetanei con sviluppo tipico nell’attribuire una causalità fisica a un evento, ma una capacità significativamente minore di rappresentare lo stato mentale di se stessi e degli altri, cioè di sviluppare un’adeguata ToM.
La ToM sarebbe un processo inconscio, che non richiederebbe uno sforzo proattivo nell’osservare, spiegare e predire i fumosi comportamenti altrui. Anche nelle sue più recenti evoluzioni questa teoria viene proposta come la spiegazione migliore del processo costitutivo dell’esperienza di relazione, che nella vita di tutti i giorni è caratterizzata da un’immediata reciproca comprensione nell’interazione sociale.
Alcuni fenomenologi e psicopatologi hanno recentemente espresso molte riserve su questa teoria, sia rispetto al valore causale per il DSA che più in generale rispetto ai processi di cognizione sociale. Le riserve sono partite proprio dalla constatazione che molte persone con DSA e con disturbi psicotici si sforzano costantemente e coscientemente di osservare e imitare il comportamento altrui. Secondo questi ricercatori la percezione degli altri sarebbe un processo cosciente e finalizzato, che non richiederebbe alcuna teorizzazione o simulazione. Per le persone con DSA praticare un’esplicita lettura della mente altrui potrebbe essere una strategia compensatoria, di scarsa efficacia o addirittura controproducente, per le difficoltà di comprensione e interazione sociale. Un difetto d’incarnazione, corporizzazione o interazione incarnata sembra rappresentare una valida alternativa.
RIFERIMENTI
- Froese T, Stanghellini G, Bertelli MO. Is it normal to be a principal mindreader? Revising theories of social cognition on the basis of schizophrenia and high functioning autism-spectrum disorders. Res Dev Disabil. 2013 May;34(5):1376-87.
- Froese T, Iizuka H, Ikegami T. From synthetic modeling of social interaction to dynamic theories of brain-body-environment-body-brain systems. Behav Brain Sci. 2013 Aug;36(4):420-1.
- Gallagher S, Varga S. Social cognition and psychopathology: a critical overview. World Psychiatry. 2015 Feb;14(1):5-14.