Lo scorso sette ottobre, presso l’aula magna dell’Università degli Studi di Firenze, ha avuto luogo il convegno “Misurare il Benessere Equo e Sostenibile in Italia: una sfida per la ricerca e per la policy”.
l’Ateneo, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), ha realizzato quest’evento al fine di condividere statistiche ufficiali sul livello di benessere in Toscana, discutere di stili di vita e accesso ai servizi sanitari, presentare alcuni esempi di evidence-based policymaking realizzati in diverse province.
I lavori si sono aperti con una riflessione sulla situazione del livello di benessere nazionale, oltre che regionale, in relazione agli indicatori di Benessere Equo e Solidale (BES), recentemente pubblicati grazie al lavoro congiunto dell’ISTAT e del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro.
Nel 2010 ISTAT e CNEL hanno infatti costituito un Comitato d’indirizzo sulla misura del progresso della società italiana, con l’obiettivo di sviluppare un approccio multidimensionale e condiviso, basato sul concetto di BES, affiancando alle misure economiche una serie di indicatori non economici ma fondamentali per la lettura e l’intervento sulla realtà.
Parallelamente presso l’ISTAT è stata istituita una Commissione scientifica con l’obiettivo di selezionare gli indicatori statistici corrispondenti ai domini di benessere individuati dal Comitato d’indirizzo.
Nel marzo 2013 è stato pubblicato il primo Rapporto BES, nel quale i 15 indicatori identificati descrivono il benessere delle persone come qualcosa di molto complesso. Come ribadito durante il suddetto convegno, il progresso di una società non può derivare dalla sola stima del PIL.
“Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori famigliari o l'intelligenza del nostro dibattere. Il Pil non misura né la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza, né la nostra compassione, né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”
Impossibile non richiamare alla memoria il discorso pieno di umanità che Robert Kennedy tenne il 18 marzo del 1968 presso l’Università del Kansas, con cui favorì nelle coscienze la nascita di un nuovo modo di pensare al benessere e ai modi alternativi di valutarlo e realizzarlo.
Partendo dal primo Rapporto BES, dunque, ciò che risulta essere oggi alla base di una vita di qualità è la certezza per i cittadini di poter accedere a un’assistenza sanitaria adeguata, di poter fruire di servizi idonei per la formazione dei bambini e la cura degli anziani, di poter disporre dell’erogazione omogenea di gas e luce, di poter accedere a vari servizi essenziali, di poter impiegare meglio il proprio tempo invece di sprecarlo nel traffico metropolitano o in attesa dei mezzi di trasporto pubblico.
Questa nuova concezione del benessere suggerisce alle istituzioni di porre maggiore attenzione al momento della pianificazione di investimenti economici e della progettazione di interventi nel sociale, soprattutto in considerazione delle fasce più vulnerabili della popolazione. Inoltre la legittimazione democratica del concetto di benessere potrebbe essere il primo passo verso il riconoscimento di aspetti della vita trasversalmente importanti, al di là dello status socioeconomico o della condizione di salute, finora predominanti nella stima del benessere individuale e collettivo.
RIFERIMENTI
- primo rapporto BES: http://www.istat.it/it/files/2013/03/bes_2013.pdf
- discorso di Robert Kennedy presso l’Università del Kansas (18 marzo 1968): http://www.youtube.com/watch?v=iLw-WLlM9aw