Il gruppo di lavoro dell’Organizzazione Mondiale di Sanità per la revisione dell’ICD-10 ha recentemente proposto di sostituire la definizione ‘Ritardo Mentale’ (RM) con ‘Disturbi dello Sviluppo Intellettivo’ (DSI), per descrivere più fedelmente quadri sindromici e funzionali profondamente diversi, accomunati solo da alterazioni cognitive precoci a carico di funzioni specifiche o pattern di funzioni.
Tali alterazioni possono interferire con la formazione della personalità, non solo in termini disattativi, come definito nei criteri diagnostici stessi del RM, ma anche in termini di pervasività di disfunzionamento e di sofferenza soggettiva aggiuntivi, ovvero di co-occorrenza di un Disturbo di Personalità (DP).
Nel Manuale Statistico e Diagnostico dell’associazione americana di psichiatria (DSM IV-TR) un DP corrisponde a un modello abituale di esperienza o comportamento che si discosta notevolmente dalla cultura di appartenenza dell’individuo e si manifesta in numerosi ambiti esistenziali, modulando l’esperienza cognitiva ed affettiva, il funzionamento interpersonale ed il controllo degli impulsi.
Lo stesso DSM IV-TR inquadra i DP in tre gruppi principali. Il gruppo A, detto “strano o eccentrico”, è caratterizzato da comportamenti inusuali, diffidenti o paranoici e dalla tendenza all'isolamento. In questo gruppo si ritrovano i disturbi Paranoide, Schizoide e Schizotipico. Il gruppo B, detto “drammatico”, si contraddistingue per comportamenti amplificativi e emotivi, instabilità nelle relazioni, inosservanza dei diritti altrui, e mancato autocontrollo. Fanno parte di questo gruppo i disturbi Antisociale, Borderline, Istrionico e Narcisistico. Il gruppo C, detto “ansioso”, è caratterizzato da timore, soprattutto nel relazionarsi con gli altri, e da bassa autostima. Rientrano in questo gruppo i disturbi Evitante, Dipendente e Ossessivo-Compulsivo di personalità.
Nella popolazione generale la prevalenza internazionale dei DP è di circa il 6%. Il disturbo Dipendente di personalità sembra essere il più diffuso ed il gruppo cui appartiene è il più rappresentato, con un tasso del 2,5%. Il gruppo A interessa meno dell’1% della popolazione, mentre il B rappresenta il 2% circa di tutti i DP.
Sulla possibilità di ammettere la compresenza di un DSI e di un DP è stato condotto nel decennio scorso un lungo dibattito. Oggi la maggior parte dei modelli e dei sistemi diagnostici specifici per i DSI sono definitivamente a favore della possibilità di coesistenza.
Le linee guida per la valutazione e la gestione dei DP in adulti con DSI indicano tassi di prevalenza intorno al 23-31%. Le diagnosi del gruppo “drammatico” sono le più frequenti, in particolare quella di disturbo Borderline.
Nella popolazione con DSI la diagnosi di un DP è molto complessa a causa di una serie di fattori: caratteristiche dei DSI (deficit di linguaggio, di pensiero astratto, di concettualizzazione, di memoria, di autoconsapevolezza, ecc.), altre fonti d’informazione poco affidabili (condizionamenti, scarsa conoscenza della persona, cartelle cliniche incomplete), strumenti di valutazione tarati sulla popolazione generale e dunque inapplicabili a persone con DSI, assenza o atipicità di alcuni aspetti clinici (es. senso di disperazione o inutilità, ideazione suicidaria, percezione delirante, distorsione dell’autorappresentazione corporea).
RIFERIMENTI
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