Il dogma della vecchia neurologia per cui si riteneva che i neuroni fossero incapaci di riprodursi è definitivamente crollato. La ricerca continua ad accumulare conferme del fatto che la rigenerazione neuronale è sempre possibile, a partire da cellule staminali.
Solo nell’ultimo mese sono stati resi noti molti importanti contributi scientifici sulla possibilità di ottenere neuroni funzionanti a partire da cellule staminali embrionali (ESC). Il dottor Divya ed i suoi collaboratori del Rajiv Gandhi Centre for Biotechnology (Trivandrum, India) hanno pubblicato sulla rivista Stem Cell Research & Therapy le procedure che li hanno portati a scoprire che le cellule staminali del cordone ombelicale sono in grado di differenziarsi con estrema facilità in neuroni cerebrali ad alta specializzazione funzionale. Il Journal of Clinical Investigation di dicembre ha riportato i risultati di un interessante studio di Hayashi, Wakao e collaboratori, in cui si mostra che neuroni dopaminergici, indotti da cellule staminali mesenchimali autologhe, possono essere impiantati nel corpo striato del sistema nervoso centrale di macachi affetti da morbo di Parkinson e determinare un significativo recupero delle capacità motorie senza comparsa di fenomeni di rigetto o di trasformazione neoplastica.
La produzione di neuroni maturi a partire da cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC), teoricamente possibile e foriera di ulteriori vantaggi rispetto alle ESC, sembra più complessa. I problemi principali sono legati all’immunogenicità.
Recentemente Zhao e collaboratori hanno riportato che topi impiantati con iPSC, immature e singeniche, sviluppano una risposta immunitaria a cellule T e che l’iniezione in topi immunodeficienti è seguita da una crescita locale con sviluppo di teratomi contenenti vari tipi cellulari, fra cui neuroni, condrociti (cellule della cartilagine), cheratinociti (cellule degli strati spinoso e granuloso dell’epidermide) e cellule dell’epitelio intestinale.
In sintesi la derivazione autologa, cioè dallo stesso organismo da cui sono state prelevate, e gli autotrapianti di cellule iPS stabili, efficaci e sicure sembrano richiedere ancora molta ricerca. Per questo motivo molti scienziati hanno proposto di costruire una banca di cellule staminali pluripotenti tipizzate per complessi maggiori di istocompatibilità (CMI). Il CMI è un gruppo di geni polimorfici che codificano per proteine della membrana cellulare facilmente riconoscibili da parte dei linfociti T e per altri importanti peptidi come la 21 idrossilasi, le frazioni del complemento C4B,C4A,BF e C2, la proteina chaperone HSP70 (Heat Shock Proteins cioè proteine indotte da danno termico) e i geni della famiglia del TNF (Fattore di Necrosi Tumorale).
Sono in valutazione gli effetti di trattamenti con basse dosi di immunosoppressori sui trapianti allologhi MHC-compatibili di iPSC e di ESC.
Molti studi hanno indicato che ESC e iPSC mostrano differenze significative rispetto al profilo d’espressione genica, alla risposta epigenetica (meccanismo molecolare mediante il quale l'ambiente altera il grado di attività dei geni senza modificare l'informazione contenuta) e al potenziale di differenziazione.
Nel processo di coltivazione sia le ESC che le iPSC sembrano sviluppare proteine anomale da mutazioni del genoma, ma le iPSC lo farebbero molto di più, dal momento che sono state riprogrammate a partire da cellule somatiche invecchiate. Pertanto le iPSCs tenderebbero ad evocare una risposta immunitaria con molta più probabilità.
Le iPSC hanno comunque un grande potenziale come modello biologico per la ricerca sui disturbi mentali ad etiologia complessa, quali la schizofrenia o i disturbi dello spettro autistico. Recentemente un gruppo di ricercatori dell’Institute for Human Genomics dell’Università di Miami (US) ha anche mostrato una nuova strada per evitare di utilizzare fibroblasti e di sottoporre le persone affette da questi disturbi a fastidiose e complicate biopsie cutanee. DeRosa e collaboratori sono infatti riusciti a creare cellule iPS a partire da monociti del sangue di bambini autistici e a riprogrammarle in neuroni gabaergici.
RIFERIMENTI
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