Alla fine degli anni 70 una convergenza di risultati di ricerche fenomenologiche, anatomiche e molecolari ha portato Strauss, Crow e Andreasen a dividere i sintomi schizofrenici in positivi e negativi. I primi derivanti da una produttività psichica anormale, i secondi da deficit o perdita di alcune funzioni fondamentali.
I sintomi negativi sono stati rapidamenti associati ad alterazioni neuropsicologiche, in particolare delle funzioni cognitive di base, come attenzione selettiva o memoria operazionale.
Negli ultimi 30 anni la ricerca ha tentato di chiarire i tempi e le modalità di sviluppo di questi difetti.
Per valutare se i sintomi tipici della schizofrenia sono legati a deficit cognitivi precoci un gruppo di ricercatori anglo-olandese diretto dal dottor van der Werf ha recentemente studiato e confrontato 1053 persone affette e 631 controlli sani. I casi in cui i disturbi sono insorti ad un'età inferiore alla media sono risultati caratterizzati da maggiore prevalenza di sintomi negativi, maggiori difficoltà d'attenzione e di memoria.
Questa importante scoperta supporta la possibilità che una grossa parte dei disturbi dello spettro schizofrenico sia sottesa da alterazioni del neurosviluppo, che si esprimono primariamente con disfunzioni cognitive.
Un percorso di approfondimento dell'eterogeneità cognitiva delle persone affette da schizofrenia era già stato fatto un paio di anni fa dal dottor Potter e dai suoi collaboratori dell'Università di Massachusetts (Boston). Essi avevano eseguito delle analisi di raggruppamento statistico sui punteggi di quoziente intellettivo e di abilità di lettura orale di 73 persone affette.
Erano stati individuati tre sottotipi, denominati nell'ordine deficitario, deteriorato e conservato. ll primo e più numeroso (42%) presentava quoziente intellettivo ed abilità di lettura inferiori alla media, il secondo quoziente intellettivo ai limiti inferiori della normalità ma buone capacità di lettura orale e il terzo quoziente intellettivo a volori medi di normalità e buone capacità di lettura.
Una significativa compromissione delle funzioni cognitive di base, soprattutto della memoria, era stata riscontrata nei gruppi deficitario e deteriorato ma non in quello conservato. Anche i sintomi negativi erano risultati meno prevalenti in questo gruppo.
Cinque anni prima di queste scoperte, Joyce e collaboratori dell'Istituto di Neurologia dell'University College di Londra, avevano individuato anche negli schizofrenici con QI normale una serie di alterazioni delle funzioni cognitive specifiche, soprattutto in riferimento alla memoria operazionale spaziale. Nello stesso studio gli autori avevano anche rilevato che un basso QI premorboso correlava positivamente con l'età d'esordio e rappresentava un importante fattore di rischio.
RIFERIMENTI
- Andrasen NC, Olsen SA. Negative vs. positive schizophrenia: definition and validation. Arch Gen Psychiatry, 1982; 39: 789-794.
- Crow TJ. Molecular pathology of schizophrenia: more than one desease process? Br Med J, 1980; 280: 1-9.
- Joyce EM, et al. Cognitive heterogeneity in first-episode schizophrenia. Br J Psychiatry. 2005 Dec;187:516-22.
- Potter AI et al. IQ subtypes in schizophrenia: distinct symptom and neuropsychological profiles. J Nerv Ment Dis. 2010 Aug;198(8):580-5.
- Strauss JS, Carpenter WT, Bartko JJ. The diagnosis and understanding of schizophrenia. II. Speculations upon the process that underlie schizophrenic symptoms and signs. Schizophr Bull, 1974; 1: 61-76.
- van der Werf M, et al. Cognitive functioning and age at onset in non-affective psychotic disorder. Acta Psychiatr Scand. 2012 May 14. [Epub ahead of print].